Pride: la storia non raccontata della Rivoluzione Queer

Data di pubblicazione: 27 Aprile 2025
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Autrice: Chiara Lupo
Categorie: ,

Quando sentiamo parlare di "Pride" (o detto in modo meno inclusivo, "Gay Pride"), parliamo di due idee correlate tra loro: l'orgoglio di essere se stessi e la parata che celebra questo coraggio.

Il primo è un concetto che descrive la consapevolezza e la fierezza della propria identità, sia essa legata all'orientamento sessuale che all’identità di genere.

Il secondo è la manifestazione collettiva di questa consapevolezza: una marcia nata per commemorare una data simbolica, quella della rivolta di Stonewall.

Persona di spalle alza una bandiera arcobaleno inclusiva con cielo azzurro sullo sfondo.

La nascita del Pride negli Stati Uniti

Per arrivare al Pride, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo: nell’America che ancora metteva persone LGBTQ+ in manette.

La polizia aveva infatti il potere di arrestare persone omosessuali per "oscenità" o "indecenza": bastava un bacio, una stretta di mano, un abito "del sesso opposto", o semplicemente trovarsi in un bar a bere.
A New York, lo State Liquor Authority (SLA) - l'ente che regolava la vendita di alcolici - poteva revocare la licenza ai bar che accoglievano persone gay, ritenute automaticamente fonte di "disordine". I bar gay erano di fatto illegali.

Dagli anni '30, dove lo Stato aveva visto un "pericolo", la mafia aveva fiutato un business: iniziò a gestire bar clandestini frequentati da persone LGBTQ+, dove, in cambio di accordi sottobanco e bustarelle alla polizia, garantiva un minimo di protezione.

Scritta su una vetrina: "We homosexuals plead with our people to please help maintain peaceful and quiet conduct on the streets of the Village - Mattachine", con annotazioni a lato.
Messaggio della Mattachine Society su una vetrina

I primi passi verso la resistenza

Nel 1950 l'avvocato e attivista Harry Hay fondò la Mattachine Society, la prima organizzazione per i diritti delle persone omosessuali negli Stati Uniti. Nel 1966 la Mattachine Society, guidata dal reporter e attivista Dick Leitsch, richiamò pubblicamente l'attenzione su come la polizia adescava le persone gay per incastrarle e accusarle di atteggiamenti osceni.

Organizzò uno dei primi atti di disobbedienza civile: un "sip-in" in un bar di Manhattan, sfidando apertamente le regole dello SLA. Si trattò di un semplice incontro con altri uomini gay. Grazie a queste azioni, il presidente dello SLA dichiarò che non era più vietato vendere alcolici alle persone omosessuali. L'anno successivo le autorità stabilirono che servivano prove concrete di disordine per revocare una licenza. Non solo: i baci tra due uomini non vennero più considerati atti osceni.

Il numero di bar gay a New York iniziò così a crescere.

Foto storica che ritrae i membri della Mattachine Society nel momento in cui rivelano al barista di essere gay e lui copre il bicchiere con la mano, invitandoli ad andare via.
Foto storica che ritrae i membri della Mattachine Society nel momento in cui rivelano al barista di essere gay e lui copre il bicchiere con la mano, invitandoli ad andare via.

I moti di Stonewall

Nel cuore del West Side di Manhattan, la mafia gestiva lo Stonewall Inn, uno dei bar gay più popolari. In cambio di tangenti, la polizia concordava incursioni "programmate" per salvare le apparenze. Durante queste, clienti e baristi avevano il tempo di sistemarsi per evitare arresti.

Ma il 28 giugno 1969, un’incursione non programmata cambiò tutto.

Chi diede il via alla rivoluzione? Secondo diversi testimoni - e lei stessa - fu Stormé DeLarverie, una donna lesbica nera, a dare inizio alla rivolta. Dopo essere stata colpita e aver resistito all’arresto, incitò la folla a reagire.

La resistenza esplose: centinaia di persone si radunarono davanti allo Stonewall Inn. Gli scontri durarono tutta la notte e continuarono per cinque giorni. La polizia, nonostante i rinforzi, non riuscì a contenere la rabbia collettiva. Volantini circolarono per le strade con slogan come: "Via la mafia e gli sbirri dai bar gay!"

Tra i nomi associati alla rivolta ci sono anche Sylvia Rivera, donna transgender e drag queen, e Marsha P. Johnson, uomo gay e performer drag queen. Tuttavia, come dichiarato da Marsha stessa, né lei né Sylvia furono presenti all'inizio degli scontri: arrivarono solo in un secondo momento.

Collage di tre ritratti di Stormé DeLarverie, Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera.
Stormé DeLarverie, Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera

Non esiste una versione ufficiale su chi accese la miccia, ma una cosa è certa: quella notte nacque il movimento di liberazione omosessuale contemporaneo.

A luglio si formò il Gay Liberation Front, nome usato da diversi gruppi di liberazione omosessuale. Per la fine dell’anno comparve in molte città ed università americane. L’anno seguente, in commemorazione dei moti di Stonewall, organizzarono una marcia a New York.

Da allora, in tutto il mondo, nel mese di giugno si celebra il Pride in ricordo di Stonewall.

Manifestanti sfilano in strada sorreggendo uno striscione con simboli di genere intrecciati e la scritta "Gay Liberation Front".

La nascita del Pride in Italia

E intanto, in Italia? Le cose erano tutt’altro che colorate. Mentre a New York si marciava, qui si lottava contro muri di silenzio e censura. Ma anche nel nostro Belpaese, piccoli fuochi si accendevano, pronti a esplodere.

In Italia, i primi tentativi di costruire un movimento di liberazione omosessuale risalgono agli inizi del '900, con figure come Aldo Mieli e Bernardino Del Boca.

Mieli, intellettuale e attivista, fondò nel 1921 la rivista "Rassegna di studi sessuali", ma con l’avvento del fascismo fu costretto ad abbandonare il progetto.
Del Boca tentò di aprire un dialogo pubblico con la prima rubrica omosessuale "Sesso e Libertà", ma fu censurato da Democrazia Cristiana.

Il fascismo e la repressione invisibile

Durante il regime fascista, il Codice Rocco non prevedeva norme specifiche contro l'omosessualità, semplicemente perché non ne ammetteva l’esistenza.

Come riportava il legislatore:

“La previsione di questo reato non è affatto necessaria perché per fortuna e orgoglio dell’Italia il vizio abominevole che ne darebbe vita non è così diffuso tra noi da giustificare l’intervento del legislatore, nei congrui casi può ricorrere l’applicazione delle più severe sanzioni relative ai diritti di violenza carnale, corruzione di minorenni od offesa al pudore, ma è noto che per gli abituali e i professionisti del vizio, per verità assai rari, e d'impostazione assolutamente straniera, la Polizia provvede fin d’ora, con assai maggior efficacia, mediante l’applicazione immediata delle sue misure di sicurezza e detentive.”

Nonostante l'assenza di leggi mirate, le persone LGBTQ+ furono perseguitate, incarcerate e sottoposte a misure di polizia come il confino.

Anche nel dopoguerra la repressione non cessò. Pier Paolo Pasolini fu espulso dal Partito Comunista nel 1949 per "indegnità morale". I luoghi di incontro LGBTQ+ erano spesso oggetto di retate. Film, libri e spettacoli a tema venivano censurati.

Tra il 1952 e il 1972, si contarono circa 35.000 fermi ai danni di persone omosessuali e transgender.
Un esempio emblematico fu quello di Romina Cecconi, tra le prime donne transgender italiane, condannata a tre anni di confino per la sua identità di genere.

Il lesbismo, invece, era ignorato: si dava per scontato che la sessualità femminile non esistesse.

Anche Aldo Braibanti, tra il 1964 e il 1968, subì un processo per "plagio" a causa di relazioni omosessuali, in un clima di forte ostilità morale.

La prima marcia italiana

Dei moti di Stonewall, in Italia arrivarono piccoli echi. La presa di coscienza del movimento di liberazione omosessuale italiano arrivò nel 1971, con la fondazione della rivista FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), grazie ad attivisti come Angelo Pezzana, Miriam Cristallo, Enzo Moscato, e Mario Mieli. Era finalmente arrivato il tempo di rivendicare la propria identità sessuale.

Il 5 aprile 1972 a Sanremo ci fu una protesta contro un congresso pubblico cattolico sulle devianze sessuali, omosessualità inclusa. Dopo Sanremo, il FUORI! si rafforzò e si diffuse in diverse città italiane, da Torino a Milano, da Roma ad altre realtà in fermento. Nel 1974 arrivò un passo strategico: l'affiliazione al Partito Radicale, che portò nuova visibilità e appoggi politici. Ma la scelta non fu indolore: al suo interno, il movimento si trovò a fronteggiare tensioni tra chi voleva mantenere l'indipendenza da un partito politico e chi vedeva nell'alleanza una strada per crescere.

Persone manifestano all’aperto con grandi cartelli, tra cui: “Gli omosessuali escono fuori e con orgoglio” e “Nessuno ha il diritto di reprimere la nostra sessualità”.
Sanremo, 1972

Nel frattempo, la voglia di intrecciare battaglie diverse fece nascere esperienze nuove: nel 1976, a Milano, nacque il Collettivo Narciso, primo gruppo che provò a mettere in connessione la lotta omosessuale con quella femminista e la sinistra extraparlamentare.

Il fermento cresceva. Nel 1977 iniziarono i primi veri tentativi di coordinamento nazionale tra i vari collettivi LGBTQ+, nonostante le inevitabili divergenze ideologiche — marxisti, radicali, femministe: anime diverse, ma accomunate dalla voglia di cambiare il mondo.

E finalmente, il 24 novembre a Pisa ci fu la prima marcia contro la violenza subita da persone omosessuali, il primo Pride italiano.

Manifestazione in piazza affollata, persone avanzano con striscioni, tra cui uno grande con scritto "Orgoglio omosessuale" e altri messaggi contro la violenza.
Pride Pisa, 1979

“Pride is a colorful response to a prompt from a society that tells us we’re supposed to be hiding in a closet. That’s why straight people don’t have it. You’re not attending a straight pride, you’re just going outside.“

Approfondimenti e fonti

  1. Gay Pride
  2. Moti di Stonewall
  3. How Liquor Licenses Sparked the Stonewall Riots
  4. How NYC’s gay bars thrived because of the mob
  5. Meet Pioneer of Gay Rights, Harry Hay
  6. I diritti gay negli Stati Uniti, da Stonewall a oggi
  7. Come le persecuzioni di Mussolini hanno creato la prima comunità gay d’Italia
  8. Essere omosessuali in Italia nel dopoguerra. Dal pregiudizio al lento cambiamento
  9. Storia del movimento LGBT italiano
  10. La “tolleranza repressiva”
  11. Serie TV: When We Rise
  12. Film: Pride (2014), Stonewall Uprising (2010)

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