Nel corso IFTS che seguo, abbiamo delle lezioni incentrate su realtà virtuale ed esperienze immersive. Per questo motivo, qualche mese fa, ho partecipato ad un’uscita didattica al MEET - Digital Culture Center, a Milano.
Il MEET è un centro culturale dedicato al digitale e alla tecnologia, composto da più sale in cui possono svolgersi attività differenti tra loro. Noi ad esempio abbiamo iniziato la nostra visita con l’opera di Refik Anadol, Renaissance Dreams, costituita da immagini e testi prodotti tra il 1300 ed il 1600 in Italia, e ri-generati grazie all’intelligenza artificiale. Ed in seguito abbiamo avuto delle esperienze immersive con un visore, tra cui quella che mi ha stupita più di tutte.
In una piccola stanza, a piccoli gruppi, ci hanno fatto indossare un visore ed un paio di auricolari.
In classe avevamo già sperimentato i visori, ma nessuna esperienza mi aveva lasciato emozioni così intense. Fino a quel momento, avevo sempre visto i visori come un semplice intrattenimento, un videogioco, senza coglierne il potenziale. Li avevo sottovalutati.
Quando dal visore sono iniziate a scorrere immagini all’interno di un carcere reale, tutto è cambiato. Mi sono sentita subito come se non fossi più nella stanza del MEET, ma là dentro, nel carcere. Giravo il corpo seduta su una sedia, per vedere cosa ci fosse attorno a me con il visore, ed è stato soffocante vedere le pareti attorno a me.
Pur essendo soltanto un visore, l’impatto emotivo di entrare in carcere è stato molto profondo. Mi sono sentita svuotata: dei miei diritti, della mia libertà, della speranza, e anche della felicità. Era soltanto un’esperienza virtuale, ma è bastata per farmi percepire il peso di una vita privata di tutto, persino del bisogno di connessione e libertà, di cui noi, con accesso a Internet, godiamo e spesso non ci rendiamo conto.
Ho anche visto i detenuti stessi usare il visore e provare gioia per gesti semplici, come ballare in discoteca o vedere la famiglia, senza poter interagire davvero. Mi ha fatto provare emozioni diverse. Quei momenti, per loro, erano un lusso che io do per scontato ogni giorno. Ho condiviso la loro gioia, ma ho anche provato rabbia per le ingiustizie del sistema carcerario, che punisce senza rieducare.
Questa esperienza mi ha mostrato il potere della realtà virtuale. Non è soltanto intrattenimento: può essere uno strumento per creare empatia, far comprendere situazioni complesse o sensibilizzare su temi sociali.
Le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale, sono ancora viste con timore e scetticismo. Vengono spesso considerate degli strumenti freddi, ma esperienze come questa dimostrano il potenziale che hanno nell’arricchire la nostra vita.
A chiunque abbia dei dubbi, consiglio di provare esperienze simili: potrebbero cambiare idea, e scoprire un lato della tecnologia inaspettato.